La Praga che non c’è
Il Corriere di Firenze, 19-10-2008, ––
La Praga che non c’è, così si potrebbe definire la città che emerge dal bel volume “Da Praga 1983-1988. Immagini di una topografia letteraria” (ed. Polistampa, pp.184, euro 24), che raccoglie le fotografie in bianco e nero scattate da Francesco Jappelli nella capitale ceca. Il motivo di una simile definizione lo spiega bene il traduttore e massimo boemista italiano Sergio Corduas, secondo cui la Praga di Jappelli esula dalle due classiche facce, quella splendida e quella triste. “Jappelli, - scrive nell’i
ntroduzione – ha fotografato una Praga né magica né tragica. Non fa muovere nessuno e niente, non propone oggetti e percorsi magici o tragici. La sua Praga è ferma e anche relativamente molto chiusa”.
Sfogliando le foto a tutta pagina si percepisce effettivamente la mancanza: prima di tutto del colore e poi della vita, come se ogni scatto avesse colto la città al momento del risveglio, ancora assonnata.  Il percorso è composto da immagini, come spiega l’autore, “di spazi urbani con raris
simi passanti, senza automobili e masse di turisti, di strade e piazze ancora solitarie, di edifici aggrediti dal tempo ma carichi per me di grande suggestione. Uno ‘spazio svuotato’, oggi impensabile”. Il viaggio in questa città fantasma a metà degli anni Ottanta è un viaggio non solo fotografico, ma anche topografico e letterario: topografico perché si snoda in sei percorsi attraverso i quartieri storici di Praga, letterario perché il volume costituisce anche una “narrazione per immagini”.