Il ghiribizzoso Pontormo. In due libri il grande artista
Il Tirreno, 01-11-2008, Riccardo Cardellicchio
Di Jacopo Carrucci, detto il Pontormo (Pontorme 1494 - Firenze 1557), s’è scritto e detto di tutto e di più, partendo dalla biografia del Vasari, che lo conobbe. E lo presentò, soprattutto, come trascurato nel vestire e nella vita, solitario (o quasi), ghiribizzoso fino alla nevrosi (o quasi). Anche lo stesso Pontormo ha contribuito, con il suo diario (“Il libro mio”), a tramandare un’immagine di sé quanto meno drammatica: malinconico, ipocondriaco, attento a ogni minimo malessere, terrorizzato dalla morte, segnato da lutti familiari...  La realtà era diversa. Se si vuole, più ricca, dominata dalla pittura. Sì, il Pontormo lavorò incessantemente, sperimentando nell’ossessiva ricerca di un proprio linguaggio. L’arte - in sostanza - gli consumò la vita. E lui non mollò mai. La morte lo sorprese mentre stava lavorando agli affreschi in San Lorenzo, quegli affreschi poi finiti dal fidato Bronzino e persi con il passare degli anni.  Di questo grande artista (e sulla sua grandezza nessuno ha più dubbi) sono usciti due lavori diversi tra loro.  Maurizia Tazartes pubblica con l&
rsquo;editore Mauro Pagliai “Il ghiribizzoso Pontormo” (pagg. 240, euro 23), un ritratto inserito nel suo tempo, ricco di aneddoti: dai primi passi nell’arte fino alla morte. La vita (e l’arte) vissuta confrontandosi con l’amico Bronzino, con altri artisti e letterati. Uomo e artista di grande spessore.  «Moderno e spregiudicato interprete dell’anticlassicismo e poi della maniera michelangiolesca, libero e non cortigiano - annota Tazartes - lavora per committenti di diverso credo politico, con pochi e affratellati allievi. Con abilità e apparente indifferenza Pontormo passa attraverso conflitti e pesti, senza soccombere, stroncato soltanto dal troppo amore per la sua faticosa arte, la pittura».  Racconto godibile. Si deve a una storica e critica d’arte, autrice di articoli e saggi specialistici. Tra i suoi lavori più recenti “Fucina lucchese”.  L’altro libro sul Pontormo è di Sergio Nelli. Titolo “Segnavento Pontormo” (Titivillus, pagg. 77, euro 10). Un testo teatrale denso. L’artista è visto nel suo ultimo anno di vita, che è anche “l’ennesimo ch
e lo tiene impegnato in un lavoro che nella sua vita, letteralmente, non finisce mai: gli affreschi al coro della chiesa di San Lorenzo”.  Accanto, e intorno a lui il Bronzino, Battista il garzone, Alessandro Allori il pittore, il letterato Benedetto Varchi. Persone reali. Che si muovono intrecciando personaggi di fantasia come lo scrittore Giovanni, i pittori Celso e Pietro, Dario (scultore e inventore) e due donne, le sorelle Alessandra e Ludovica. Vi si parla di pittura, della luce necessaria per lavorare, ma anche di omosessualità. E di quotidianità.. Senza disdegnare irruzioni nell’oggi.  “Jacopo: Quand’ero piccolo i temporali mi piacevano molto. Aspetavo con ansia il lampo che incide il cielo, lo scroscio dell’acqua, il formarsi delle pozzanghere. Mi piaceva vedervi le figure specchiate. E poi pestarle le pozzanghere... Ieri è passato il duca”. Testo da rappresentare, ma anche da leggere d’un fiato: il dialogo è fluido. Sergio Nelli, insegnante, nato a Fucecchio, vive a Firenze. Ha pubblicato “Driver”, “Dopopasqua”, “Ricrescite” e “Prima dell’estinzione”.