Doni, 90 anni fra grazia e letteratura
Avvenire, 15-01-2009, Vincenzo Arnone
Può la senilità essere luogo e tempo per la creazione poetica? Può la senilità avere uno spazio creativo per rielaborare eventi della vita? Certamente sì, se non si è vinti dallo scetticismo o dalla sfiducia nella storia. Il comune detto «senectus ipsa morbus est» si trasformerebbe in «senectus ipsa creatio poetica est» facendo tesoro della lunga esperienza e della ricchezza emotiva accumulata.
In questi ultimi anni ci sono stati diversi scrittori e poeti in quali nel tempo della senilità hanno scritto opere di valore: Mario Luzi, Alessandro Parronchi, don Divo Barsotti... Ultimamente, in questi giorni, lo scrittore fiorentino Rodolfo Doni, classe 1919, raggiunge la meta dei novant’anni (li compirà il prossimo 20 marzo) con grande lucidità e attitudine alla scrittura. Ha iniziato l’attività letteraria negli anni Cinquanta e via via si è imposto all’attenzione della critica e dei lettori con romanzi impegnati sul fronte della politica e della problematica reli
giosa, al punto da essere definito il più grande scrittore cattolico vivente.
Domani la Firenze letteraria gli rende omaggio con un convegno promosso dalla casa editrice Polistampa e dalla Comunità San Leolino. «Una vita per la letteratura» è il titolo dell’incontro (alle ore 16 alla Gonzaga University) e tale è realmente la vita di Doni da sempre, da quando lasciò la sua Pistoia e venne a Firenze e fece il primo incontro con Giovanni Papini, allora Maestro e Censore per eccellenza. Parleranno fra gli altri lo stesso arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori e i critici Carmelo Mezzasalma, Franco Zangrilli, Luca Nannipieri e Andrea Guiati. Analizzeranno la narrativa di Doni così legata alla testimonianza cristiana e, in modo particolare, l’ultimo romanzo dello scrittore, uscito qualche mese fa, «Con te nella resurrezione»: un dialogo struggente, affettuoso e poetico con il figlio Lorenzo morto in un incidente stradale, riportando il fatto luttuoso al di là della cronaca per innalzarlo a mistero,
a evento salvifico, a riflessione sulla storia e sulla vita eterna. Ma l’occasione è motivo anche di un ulteriore riconoscimento a questo scrittore che si è fatto carico di tanti drammi personali, morali e politici dei nostri tempi per riportarli a dimensione letteraria, poetica e morale; per inquietare benevolmente le coscienze di credenti e non verso la verità e il bene comune.
Non per nulla troviamo tra i suoi titoli romanzi sulla condizione dei giovani, su La Pira, sulla figura dei preti, sulla attività politico-partitica, sui mistici, sui geni della storia che raggruppano attorno alla loro esperienza la sintesi dei nostri problemi più importanti e radicali. Non per nulla troviamo nella conclusione del suo ultimo romanzo una preghiera che sintetizza l’anelito suo e dei lettori: «Sento il bisogno di Te, Dio. Nel silenzio notturno solo di Te mi appago... Vorrei precipitare in Te, vivere di Te, conseguire quello stato che faceva ripetere a Paolo: non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me».