Quelle Madonne, icone esoteriche dei Templari
Europa, 23-09-2005, Michele Brancale
Il 18 marzo 1314, Jacques de Molay viene arso vivo su una delle isolette che affiorano sulla Senna. Finisce così l’ultimo Gran Maestro templare e con lui l’ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo e del Tempio di Salomone, nato intorno al 1118, nella Gerusalemme conquistata dai crociati. Si chiamavano templari perché il re di Gerusalemme Baldovino II li aveva autorizzati a vivere in una parte dell’antico Tempio di Salomone. Ordine monastico-cavalleresco, ispirato alla spiritualità di Bernardo di Chiaravalle, conosce diffusione e sostegno consistente dalle nazioni cristiane, potendo disporre in breve tempo di proprietà e fondi che – riassumendo un pò grossolanamente la storia – faranno gola al re di Francia Filippo il Bello il quale, il 13 ottobre 1307, fa arrestare tutti i Templari del Regno. L’esempio viene seguito anche in altri Paesi: i templari vengono ingiuriati con accuse infondate, torturati fino a confessare colpe non commesse. L’ordine viene soppresso nel 1312.
E dopo? Di ricostruzioni fantasiose ne sono state fatte tante, soprattutto attraverso l’arte del mezzo falso e del mezzo vero: le polemiche seguite al Codice Da Vinci di Dan Brown ci hanno messo il carico da 90. Certo è che l’ideale templare non si spense e fu larga la consapevolezza, anche a Firenze, che la fine dell’ordine fu dettata da ragioni non proprio nobili. Renzo Manetti, autore di diversi studi sulla storia di Firenze e sul simbolismo, ha scritto un denso volumetto c
on tesi suggestive e che fonda su documenti e soprattutto sulle immagini, in particolare ‘Le Madonne del Parto’, che considera icone templari.
La prima opera presa in esame è la Madonna del Parto di Bellosguardo, a Firenze, affrescata da Taddeo Gaddi presumibilmente tra il 1334 e il 1348, dipinta sulla parete di un antico edificio religioso – dove sorge ora la chiesetta di San Francesco di Paola – fatto costruire da una confraternita templare segreta, ma volto ufficiale dell’ordine monastico dei Girolamini. “Come nel seno delle Madonne del Parto si occulta il Verbo –spiega Manetti – in attesa del tempo per manifestarsi, così gli eredi dei templari celavano il proprio segreto, aspettando una nuova stagione di tolleranza”. Secondo alcuni studiosi, i templari incisero a tal punto sulla cultura dell’epoca da influenzare i poeti del Dolce Stil Novo, in particolare Dante e Francesco da Barberino, quindi Boccaccio (che sarebbe appartenuto alla confraternita dei Girolamini) e personalità dell’arte e della cultura legate all’ideale templare mediante una confraternita segreta, quella dei ‘Fedeli d’Amore’, propagatasi fino al tempo dei Medici. “Se non tutti i poeti stilnovisti furono Fedeli d’Amore, una parte di loro certamente lo fu – sostiene Manetti – e questa confraternita, che si ammantava di segretezza, presenta caratteri molto simili a quelle laiche dei templari, tanto da far pensare che l’una e l’altra fossero la stessa cos
a”. Una parte dei ‘Fedeli d’Amore’ potrebbe addirittura aver dato vista a una sorta di terz’ordine templare. Manetti riscontra in testi poetici coevi le stesse simbologie (la donna angelica proiezione dell’anima, il fiore simbolo di sapienza) e l’espressione ‘Fedeli d’Amore’. Dunque uomini e donne di intelletto avrebbero corrisposto in rima da una parte e dall’altra, si sarebbero caratterizzati per struttura gerarchica e iniziatica per gradi; per la loro diffusione, per la loro tolleranza religiosa (tanto da esservi rappresentati catari, ebrei e musulmani accomunati dalla conoscenza estatica di Dio) e da un non trascurabile sincretismo, nutrito da testi cristiani, sufi e cabbalistici. Dante ne avrebbe fatto parte, tornando poi nell’alveo dell’ortodossia e conciliando con essa la propria ricerca mistica che aveva trovato linfa a Verona, alla corte di Cangrande della Scala. Interessante a riguardo è anche il saggio Dante e la mistica ebraica, di Sandra Debenedetti Stow. Manetti mostra una serie di immagini a supporto della ricerca che esplora il linguaggio esoterico, tutt’altro che estraneo ai templari, ma evidenzia anche il simbolismo geometrico e dei numeri, come anche dei colori.
A questo riguardo la mostra Il numero e le sue forme, aperta fino al 9 ottobre presso l’Istituto e Museo di Storia della Scienza, di Piazza dei Giudici, presenta interessanti agganci alla tematica, proprio sul rapporto tra prospettiva e Madonna del Parto.