Il Premio Viareggio un pezzo di cultura italiana
Kultur Klub, 13-09-2008, Sergio D’Amaro
Un pezzo significativo della cultura italiana del Novecento è stato magnificamente rappresentato dal Premio Viareggio. La scrittrice e traduttrice romana Gabriella Sobrino ne è stata la preziosa segretaria per ben quarant’anni, dal 1964 al 2004: chi meglio di lei avrebbe potuto delinearne la storia e indicarne sensi e valori? Nelle impegnative Storie del Premio Viareggio, scritte in collaborazione con Francesca R. De’ Angelis, la Sobrino è riuscita a ricostruire con puntigliosità diaristica e con sapiente e ricca aneddotica le tappe salienti, i retroscena, gli umori, le battaglie e i successi del più antico premio letterario italiano, insieme al Bagutta e al Bancarella. Anima del Viareggio fu lo scrittore calabrese Leonida Rèpaci, carattere leonino e promotore instancabile, che aveva avviato l’iniziativa tra le sabbie dorate e i palazzi opulenti delle più rinomate località balneari della Versilia degli anni Trenta. giorni la nave ideale di tanti illustri intellettuali (Ungaretti, Sapegno, Antonicelli, Montale, Debenedetti, Schiaffini e tanti altri) impegnati ad indicare le rotte più sagge e le mete più sicure. La Sobrino ne ha conservato per quarant’anni le mappe e le reti intricate di rapporti, di amicizie, di scontri, di delusioni, che solo una lunga navigazione sa assicurare. Capitolo robusto di storia culturale e di storia
civile dell’Italia diventata moderna, il Viareggio non ha mai chinato la testa di fronte al potere e di fronte alle mode, consentendosi solo qualche umano errore, qualche sparsa disarmonia. Dopo la morte di Cesare Garboli (succeduto nella presidenza a Villari e Sapegno) e l’uscita di scena della Sobrino non si può giurare che la gloriosa vela del Viareggio si tenda tranquilla a tutti i venti. Resta l’immenso tesoro di tanti anni (ormai ottanta, nel complesso) e di tanti sforzi per tenere pulita e luminosa la strada della letteratura. Rèpaci, coadiuvato dalla moglie Albertina Antonielli, si aspettava molto dalla letteratura e dagli uomini di cultura, vedendovi lo strumento più nobile per una lotta delle idee e dei valori contro ogni prevaricazione ed ogni oppressione (con la dittatura Rèpaci aveva avuto già parecchi problemi). Letteratura intesa come impegno civile, ma anche come gioia creativa, come mano cordiale tesa gli altri perché il dialogo non venisse mai meno. Letteratura, anche, come festa, come occasione per incontrarsi, conoscersi, comunicare più largamente e più liberamente la propria umanità e i diversi estri di ciascuno. Un premio nato sotto l’ombrellone, col pittore Viani e l’inclassificabile Pea, poi diventato un faro culturale non solo per le classi benestanti, ma calato democraticamente e molte volte polemicamen
te in mezzo al popolo, territorio accessibile all’intera comunità versiliese ma sempre emergente ad un livello superiore di naturale prestigio. La battaglia delle idee, il fervore del dibattito, la difficile scelta dei migliori libri dell’anno e dei più rappresentativi personaggi della cultura forse tuttora aleggia nelle stanze e nei corridoi dell’Hotel Principe di Piemonte, che diventava per alcuni giorni la nave ideale di tanti illustri intellettuali (Ungaretti, Sapegno, Antonicelli, Montale, Debenedetti, Schiaffini e tanti altri) impegnati ad indicare le rotte più sagge e le mete più sicure. La Sobrino ne ha conservato per quarant’anni le mappe e le reti intricate di rapporti, di amicizie, di scontri, di delusioni, che solo una lunga navigazione sa assicurare. Capitolo robusto di storia culturale e di storia civile dell’Italia diventata moderna, il Viareggio non ha mai chinato la testa di fronte al potere e di fronte alle mode, consentendosi solo qualche umano errore, qualche sparsa disarmonia. Dopo la morte di Cesare Garboli (succeduto nella presidenza a Villari e Sapegno) e l’uscita di scena della Sobrino non si può giurare che la gloriosa vela del Viareggio si tenda tranquilla a tutti i venti. Resta l’immenso tesoro di tanti anni (ormai ottanta, nel complesso) e di tanti sforzi per tenere pulita e luminosa la strada della letteratura.