Alvino: come si ripara la letteratura
Eco risveglio, 30-07-2008, Franco Esposito
In mezzo a una montagna di libri inutili, fasulli, dalle copertine ammiccanti e senza vita, sempre più raramente spunta inaspettata la chicca che ti fa di nuovo credere nella potenza della scrittura, della narrativa. Ultimamente mi è capitato con Là comincia il Messico di Gualberto Alvino, edizioni Polistampa. Alvino è un filologo e uno dei critici letterari più preparati della letteratura italiana. Per presentarlo ai lettori del Taccuino mi basta citare i suoi puntuali ed autorevoli studi sul nostro Gianfranco Contini, e soprattutto su Sandro Sinigaglia, uno degli “irregolari” più illustri della poesia italiana di fine Novecento. Uno dei suoi ultimi lavori è stata la pubblicazione presso la Sellerio di uno dei libri più belli di Antonio Pizzuto: Si riparano bambole. Un lavoro, questo di Alvi
no, da certosino della critica alle prese con gli autori più ostici della letteratura italiana. Mentre gli altri critici passeggiano su strade asfaltate, lui s’inerpica su pareti scoscese cercando un minimo appiglio per le sue originali ricerche. Tornando al suo libro, Là comincia il Messico, devo dire che quando l’ho ricevuto non mi sembrava vero: nella copertina è presentato come romanzo, ma del romanzo ha solo la struttura. Proseguendo nella lettura, infatti, mi sono accorto che l’opera rasenta il diario in pubblico, un diario nuovo, originale, a tratti stravagante, che analizza la follia sia individuale sia collettiva, che distrugge sistematicamente la vita del protagonista che guarda caso di mestiere fa il filologo e il critico letterario di fama, che sfiora o s’identifica con quella dell’autore. Ne deri
va, come magistralmente scrive Giorgio Bàrberi Squarotti, un salutare scontro con la banalità e la povertà della letteratura di moda. Infatti, verso la fine del libro, lo stesso Alvino si chiede «chi sono i critici? quelli che vedono al buio, quelli che arrivano dove gli altri se lo sognano, quelli che non sono artisti ma gli artisti non farebbero un passo senza di loro». Raccontare la trama del libro è impossibile, forse una trama vera non esiste: pagina dopo pagina assistiamo a un processo di ferocia o meglio di allucinazioni, di follia che distrugge sistematicamente la vita quotidiana del protagonista, che si trasforma in metafora della nostra vita. Con Là comincia il Messico Gualberto Alvino, secondo il mio modesto parere, si conferma con straordinaria originalità il degno erede di Antonio Pizzuto.