Quel vento sospetto che accarezza gli omini vezzosi di Giampaolo Talani
L’Unità, 11-03-2008, Gianni Caverni
Un terzo di Guttuso, un terzo di possenti, un terzo di sapore di sale. Shakerate il tutto e Cezannizzate a piacere, vento q.b. Per sollevare riccioli e cravatte, ma non troppo per non sollevare dubbi: è Giampaolo Talani, piacevole ma con un retrogusto un po’ amaro, da servire con ghiaccio abbondante, guarnire il bicchiere con un ombrellino di carta colorata. A proposito, tutti quegli ombrelloni che simulavano una spiaggia in piazza Signoria, a Firenze, sono stati se dio vuole tolti dopo l’inaugurazione di Rosa dei venti, la mostra dell’artista di San Vincenzo dalla mano felice e dalla fantasia barocca. Sarà che a noi le ciliegie e gli zucchini non piacciono fuori stagione e che fatichiamo ad accettare l’orgia del turismo un tanto al chilo, figuriamoci la spiaggia intorno al rogo del S
avonarola! E fantasia barocca ci è voluta per far sparire in mezzo ad un allestimento quanto meno “spericolato” il carattere severo dei volumi della Sala d’Arme di Palazzo Vecchio. Otto scenografici portali barocchi in legno, otto come le punte della rosa dei venti, otto come le sezioni nelle quali Talani ha suddiviso la sua vita e le sue opere: Storie del Marinaio, Un forte vento di mare, Storie salate, Cercatori di pesci, Musicisti, Finisterre-Partenze, Animali di battigia e Ombre. A ridosso dell’Arno, sotto l’arco degli Uffizi il bronzo che ripropone in tre dimensioni l’omino di Talani, in piedi su un ombrellone, ancora, che fa, appunto, da rosa dei venti. Novello Tobiolo, in qualche modo accompagnato dall’arcangelo Raffaele della capacità piaciona dell’auto
re, spesso il protagonista dei quadri di Talani tiene in mano, o in bocca, un pesce, forse quello che il figlio di Tobia incontrò, e catturò, nelle acque del Tigri. Quello che permise, bruciandone il cuore e il fegato, di esorcizzare la maledizione che aveva colpito i precedenti sposi di Sara, quello stesso che con il suo fiele permise di guarire la cecità del padre Tobia. Da quale cecità ci vuole guarire Talani? Forse da quella che si genera da una certa puzza sotto al naso che abbiamo noi che diffidiamo, ebbene sì, delle soluzioni troppo facili, delle proposte troppo condivise, della mancanza di coraggio di questa città che, in qualche modo gattopardianamente, vuole che le cose cambino perché possano non cambiare affatto e non disturbare quindi seriamente i manovratori.