Talani, un viaggio che dura una vita
Il Giornale, 11-03-2008, Maurizia Tazartes
C’è il vento, bisogna chiudere gli ombrelloni. Un raggio di sole, ed eccoli riaperti. Ma dove siamo? In piazza della Signoria a Firenze, ore 11.30. Niente di più metafisico. I turisti guardano a bocca aperta gli ombrelloni a strisce bianche e blu, che si dipanano insolitamente e giocosamente nella storica piazza, ricreando l’ambiente marino. È l’omaggio che l’eccentrico pittore Giampaolo Talani dedica alla città nel giorno dell’inaugurazione di una sua importante antologica. Ma c’è di più: il grande e strano giglio fiorentino, meglio visibile dall’alto, che con un braccio si dirige verso Palazzo Vecchio, dove 55 dipinti inneggiano al mare e all’uomo, e con l’altro si spinge verso la loggia degli Uffizi antistante l’Arno.
Che c’è laggiù? Altra sorpresa: sullo sfondo del lungo corridoio stradale che costeggia esternamente il museo, si staglia una figura bronzea. Un uomo snello e dritto, alto oltre due metri, capelli al vento, un pesce nel taschino della giacca, una rosa in mano, una barca di carta sotto il braccio, guarda smarrito verso la gente che arriva e già gli si stringe intorno come a un vecchio amico. Chi è? È l’uomo dei nostri giorni, che ha perso la bussola, i punti cardinali, non capisce
più ciò che succede, ma regge, sta dritto, affronta tutto, spiega Talani. L’opera, il suo primo bronzo, di grande suggestione, dà le spalle all’Arno, un mare ideale, che nel suo lungo corso sfocia in quello vero di Marina di Pisa. Il bronzo, dal titolo La Rosa dei venti, è ricco di significati simbolici, che ciascuno può trovare: dai richiami marini al destino dell’uomo, dalle allusioni ai bronzi fiorentini del Rinascimento al passaggio lieve e inesorabile del tempo, riflesso in quell’inquieto vento che muove ogni personaggio.
«La Rosa dei venti» è anche il titolo della mostra aperta da venerdì a Palazzo Vecchio: la rosa non è solo quella a otto punte che indica i quattro punti cardinali con le direzioni dei venti, ma anche una semplice rosa che abbandona i suoi petali al vento. Una rosa, sempre presente in tavole e tele, abbandonata sulla spiaggia accanto a una lisca di pesce o stretta tra le labbra del pittore, a ricordare la vita e la sua caducità.
E sempre sul gioco ambiguo e affascinante della rosa vera o marinara, ecco all’interno della Sala d’Arme di Palazzo Vecchio una vecchia porta con otto aperture («costruita da artigiani, e non da architetti» sottolinea l’artista) a indicare le otto direzioni in cu
i si raccolgono tematicamente le opere: Storie del marinaio, I Musicisti, Cercatori di pesci, Storie salate, Un forte vento di mare, Finisterre-Partenze, Animali di battigia, Ombre.
Sono tutti i temi che Talani ha trattato, spesso mescolandoli, dagli anni Novanta a oggi, e che riepilogano la sua poetica. Dai primi marinai, solidi e iconici, che stringono impassibili barche di carta, agli incantati e silenziosi musicisti. Dai più movimentati e vibranti cercatori di pesce che, tra ombrelloni volanti e bianche camicie, stringono in bocca, e in mano, grossi pesci colorati, alle battigie solcate da conchiglie e molluschi che ricordano le spiagge di San Vincenzo, dove il pittore è cresciuto. Da quel forte vento marino che scompiglia capelli e cravatte e scioglie il colore nel sale, sino a renderlo chiazzato e trasparente, a quell’uomo in partenza, con la sua valigia, non si sa per dove. E ancora sino alle ombre, a quelle presenze invisibili e passate, i morti spesso più vivi dei vivi. In tutti i personaggi si cela Talani, riconoscibile con la sua chioma scomposta, simbolo dell’umanità intera, che va, viene, corre, sotto tempeste di vento e non sa dove va. Come quella sfilza di viaggiatori nella Stazione di Santa Maria Novella: un capolavoro che Michelucci avrebbe certamente voluto incorporato sui suoi muri.