Le turbolenze del Viareggio
Il Sole 24 Ore, 29-06-2008, Cesare De Michelis
Una storia lunga quasi ottant’anni quella del Premio Viareggio, tanto che ormai nessuno può essere stato testimone per tutta la durata e bisogna dunque ricostruirla accostando ricordi diversi, stagione dopo stagione, un po’ affidandosi all’aura della leggenda che ancora ci raggiunge, un po’ inseguendo i documenti che attestano i fatti senza equivoci o incertezze.Ben vengano dunque queste Storie del premio di Viareggio raccolte da Francesca Romana de’ Angelis dalla voce di Gabriella Sobrino , che ne è stata la segretaria per oltre quarant’anni, dall’ormai lontano 1964. Non una storia dunque ma una raccolta di amorose e battagliere memorie per vent’anni al fianco di Leonida Répaci che del premio fu l’inventore e l’instancabile animatore, e per altrettanti con i presidenti che a lui succedettero, da Sapegno a Villari, sino a Cesare Garboli (sono escluse le ultimissime annate, come quella, turbolenta, del 2007).La figura di Répaci incombe su ogni pagina di queste storie, allo stesso tempo amorosamente paterna e severamente professorale: lo scrittore aveva preso l’iniziativa all’indomani del matrimonio con la bellissima Albertina Antonelli, che aveva trascinato nell’albergo paterno, sulla spiaggia tirrenica, l’indomito ribelle calabrese, avvolgendolo in un’atmosfera di amorosa e confortevole ospitalità che doveva tenerlo il più
; lontano possibile dagli scontri politici coi fascisti, i quali, avevano minacciato di fargliela pagare una volta per tutte. Così il Viareggio iniziò il suo cammino nell’estate 1931 nel segno dell’indipendenza e dell’antifascismo e tale continuò imperterrito, salvo qualche anno di obbligata sudditanza al regime, rinascendo più vivace e aggressivo all’indomani della liberazione.Come ogni premio anche il Viareggio nelle sue scelte ha ondeggiato temerariamente tra l’accondiscendenza alle mode effimere e la rispettosa attenzione ai valori più stabili e solidi, così accadde che nel 46 si divisero l’allora ormai classico Umberto Saba con il suo Canzoniere e l’impegnatissimo Silvio Micheli con il realismo sociale del romanzo Pane Duro.Discussione e polemiche, scontri e bisticci accompagnarono pressoché ogni edizione, alla ricerca di un’identità e di un progetto inevitabilmente precari e non rassicuranti: il Viareggio dopo la guerra è stato senza esitazioni un premio ideologicamente schierato a sinistra, e pure mai semplicemente succube del partito comunista, anzi in più occasioni attraversato da improvvise folate libertarie, da imprevedibili colpi di testa.Nel ‘65, dunque, Gabriella Sobrino, da poco segretaria del premio, fu testimone dell’ostinato e pregiudiziale ostracismo a Silone, che aveva pubblicato il suo libro forse pi&ug
rave; drammatico, Uscita di sicurezza, ma anche dell’entusiasmo dell’attenzione niente affatto ortodossa che Angelo M. Ripellino rivolgeva alla letteratura dell’Europa dell’est in Il trucco e l’anima.Così a Viareggio trionfano attori ben poco militanti come Giuseppe Berto o Diego Valeri, come Manara Valgimigli o Giulio Cattaneo, ma anche sfilarono protagonisti di battaglie inequivocabilmente di sinistra, da Neruda a Panagulis, a Basaglia ecc..Le Storie di Sobrino si ripetono al tempo stesso sempre uguali e ogni volta diverse, illuminando glorie e miserie della comunità di intellettuali chiamata a giudicare i libri dell’anno, cercando per un verso di scoprire qualche testo passato inosservato e per l’altro obbligata ad confermare il primato già conosciuto di chi comunque eccelleva, senza possibilità di dubbio. Sobrino s’è messa a riposo alla fine del 2004e il premio ha perso una guida prudente che ce la metteva tutta per tenerlo lontano dai guai; negli anni successivi, soprattutto dopo la morte di Garboli, se ne son viste di tutti i colori, fino alla clamorosa spaccatura dell’estate scorsa, quando più della metà della giuria se ne andò sbattendo la porta per protesta contro la presunta arroganza della presidentessa di turno. Sembrava di essere tornasti alle antiche sfide letterarie del miglior Novecento nostrano: Stracittà o Strapaese.