Quando la Fallaci vinse il Viareggio per caso
Libero, 24-02-2008, Mario Bernardi Guardi
Guarda, guarda: l’avevamo dimenticato. Avevamo dimenticato che nel 2001 un Premio Viareggio se lo beccò anche Romano Prodi. Non per la narrativa, non per la poesia, non per la saggistica: fu infatti laureato col cosiddetto Premio Internazionale. Un’insigne onoreficienza – una sorta di italico Nobel destinato alle celebrità planetarie – che Romano si era ampiamente meritata a detta di Cesare Garboli, all’epoca presidente del Premio, per il «grande contributo dato allo sviluppo dell’Unione Europea» e per «il rilevante impegno nel risanare i conti pubblici» durante l’esperienza governativa. Evviva. Gabriella Sobrino tutto rievoca, consapevole di aver servito per quarant’anni, in qualità di “segretaria letteraria”, «il più grande evento culturale dell’estate italiana» con una adamantina fedeltà. Come conferma quest’opera, redatta insieme alla giornalista Francesca Romana de’ Angelis (“Storie del Premio Viareggio”, Mauro Pagliai Editore, pp.293, euro 18), or ora sfornata e presentata ieri al pubblico. Calvino rifiuta in nome del ’68.Tante storie, gossip e dintorni, malignità e incazzature. Alberto Moravia nel 1950 entra nella rosa dei candidai con “L’amore coniugale” ma fa il “beau geste” dello schifiltoso: «Non ho fiducia nel vostro premio come del resto in alcun premio letterario italiano»; salvo poi entrare
in giuria e nel 1983 bearsi del prestigioso Premio Internazionale (rifiutato, invece, da Federico Fellini). Italo Calvino, nel ’68, fa il sessantottino e rifiuta il premio assegnatoli per “Ti con zero”, mandando in bestia lo storico presidente Rèpaci che già si era dovuto scontrare con i giurati favorevoli al libro, e che ora doveva beccarsi un “niet” demagogico («non mi sento di avallare col mio consenso istituzioni ormai svuotate di significato») oltre a essere costretto a indire nuove votazioni.Oriana Fallaci, invece, viene insignita nel 1979 col Premio del Presidente per “Un uomo”. Un tributo alla memoria di Alekos Panagulis, amante di Oriana, morto in uno strano incidente automobilistico poco dopo la sua elezione a deputato nella Grecia tormentata di quegli anni. Peccato il libro non fosse stato letto dalla giuria, se non nelle anticipazioni che ne diedero i giornali. È commovente la disarmante innocenza con cui Gabriella Sobrino va alla ricerca del tempo perduto, ritrovando suggestive atmosfere, peccati di gola compresi. E come polemizzare quando, gentile ma ferma, si sforza di fugare le nostre perplessità, dicendo che mai e poi mai il “Viareggio” è stato un premio di sinistra. Ché anzi il mitico fondatore, e per anni presidente-icona Leonida Rèpaci (fierissimo antifascista, ma umanissimo protettore di ex-fascisti) solo e sempre badò alla qualità letteraria di chi partecipava all&rsq
uo;agone.Ignazio Silone silurato da Rèpaci.Però mai è stato “laureato” uno scrittore per un libro che potesse dispiacere al vecchio Pci o ai nuovi sinistri. Basti pensare a quando, nel 1965, quel lungo viaggio attraverso il comunismo che era “Uscita di sicurezza” del “pentito” Ignazio Silone fu escluso dalla rosa dei finalisti.Io non ne ho colpa, disse Rèpaci, personalmente mi dissocio dagli ingiuriosi apprezzamenti contro Togliatti fatti da Silone, ma ho lasciato liberi i giurati di pensarla diversamente. Secondo Diego Fabbri, questa libertà puzzava e infatti scrisse sulla “Fiera Letteraria”: «Il Premio Viareggio non è un premio letterario come tutti gli altri, ma un premio politico».Chi aveva ragione? La Sobrino ora svela che «sull’esclusione aveva pesato un argomento che allora non poteva essere detto». Una faccenda che venne fuori, per così dire ufficialmente, nel 1996: il dirigente del Partito comunista Ignazio Silone era un informatore della polizia fascista. E allora? E allora, nel ’65, «correva voce» che Silone fosse stato una spia e ad «indurre Leonida e quei giurati alla sua esclusione fu la passione politica e l’intransigente antifascismo». In ogni caso, il primo Premio Internazionale (1967) consacrò il poeta stalinista Pablo Neruda. Chissà con quale spirito liberale sarebbe stato accolto un giurato che avesse proposto Ezra Pound...