Il mare di Giampaolo Talani in Piazza Signoria
Artelab, 30-01-2008, David Bernacchioni
Nel suo percorso di artista aveva già realizzato opere di notevole rilievo, ma i titoli dei giornali, Giampaolo Talani, li ha conquistati nell’estate 2006, nei mesi afosi in cui, insieme con altri maestri fiorentini, metteva mano al grande affresco di 70 metri quadri che oggi sovrasta il salone centrale della stazione ferroviaria di Santa Maria Novella.
Un successo anche internazionale, se si pensa ai complimenti giunti da artisti di tutto il mondo, o a quel privato giapponese che offrì una somma a sei zeri per portarsi a casa l’affresco. Talani rifiutò: l’opera era un dono a Firenze, dichiarò il maestro, e sarebbe rimasta nella città a cui era dedicata.
A distanza di oltre un anno dall’inaugurazione, un nuovo incontro con Giampaolo Talani è l’occasione per tracciare un bilancio dell’avventura di “Partenze” e gettare uno sguardo sul futuro, in particolare su una grande mostra personale in programma a Firenze nella prossima primavera.
Maestro, a distanza di sicurezza dal clamore dell’estate scorsa, si può ben dire che con l’affresco di Santa Maria Novella lei abbia firmato un’opera per certi aspetti “storica”.
«”Partenze” è la prima opera pubblica di grandi dimensioni realizzata in Italia negli ultimi 60-70 anni. Mi risulta che Il 97% dei viaggiatori invitati ad esprimere un parere abbia dichiarato di apprezzare l’affresco. Pensi che ricevo molte lettere di persone che dicono: “mi fa compagnia”. Sono queste le gioie più grandi per un artista. Anche il Presidente della Repubblica Napolitano si è espresso a favore dell’opera».
Anche la fase di realizzazione ha suscitato l’interesse dei giornali. Si sapeva di un gruppo di maestri della pitt
ura a fresco che vi lavorava di notte, dietro quei teli che negavano alla vista altrui l’opera in fieri.
«È stata un’esperienza fantastica, lo dico anche dal punto di vista umano. Circa cinquanta persone si sono dedicate all’affresco, compresi i tecnici. La sfida consisteva nel realizzare l’opera durante l’estate, una stagione poco adatta a questo tipo di pittura per via delle alte temperature che danno agli intonaci condizioni di lavorazione non favorevoli. Per questo si lavorava nelle ore notturne».  Alla pittura dell’affresco hanno collaborato tre maestri della fiorentina "Bottega del Bon Fresco", ovvero Luigi Falai, Massimo Callossi e Mario Passivanti. Come ricorda il loro contributo?
«Falai, Callossi e Passavanti sono tre “ragazzi di Annigoni”: sanno cos’è la pittura. Mi hanno dato un aiuto prezioso senza chiedere un soldo, praticamente li ho ripagati a cene. Ricordo che in quelle notti di lavoro si andava avanti a bicchieri di Gallo Nero, e dire che io sono quasi astemio…».
Parlando con Talani dell’affresco di Santa Maria Novella c‘è spazio anche per una punta di amarezza. Qualcuno ha criticato la sua iniziativa con argomenti che all’artista sono parsi pretestuosi. La risposta del maestro livornese è affilata:
«Dico che mi si attacca per invidia… Mi criticano perché non mi servo del “sistema”, in un mondo in cui o lo fai o non sei nessuno. Io mi sono sempre avvalso di collaboratori da me scelti, e questo è il prezzo. Ma la realtà è che l’affresco è costato pochissimo alla città di Firenze, così come la mostra personale che farò in primavera».
Si riferisce a “Rosa dei venti”, la gra
nde esposizione in programma dal 7 marzo al 30 aprile (con catalogo pubblicato da De Paoli Edizioni d’Arte, a cura di Elisa Gradi, ndr). Ce ne può parlare?
«Si tratta di un regalo che mi fa la città di Firenze, ma gestito interamente dal mio gruppo di collaboratori. Continuando il discorso fatto per l’affresco, degli sponsor privati copriranno tutti i costi e non sarà speso un solo soldo pubblico, tanto meno dal Comune. Quanto alla mostra, sarà allestita nella Sala d’Armi di Palazzo Vecchio e presenterà 55 mie opere provenienti da collezioni italiane ed estere».
Cosa ci può dire dell’allestimento?
«Sarà a raggiera, a rappresentare la rosa dei venti marinara, con otto punte come il numero dei periodi della mia produzione documentati dall’esposizione. Ho voluto affidare l’allestimento allo stesso artigiano che si è occupato della mostra ospitata nelle sale del Museo Archeologico di Fiesole nel 2005 . Ho sempre pensato che gli artigiani lavorino con il cuore».
Perché la mostra è intitolata “Rosa dei venti”?
«Guarda la rosa e il vento che la porta via… La rosa è la nostra vita, quindi è un altro modo per dire “carpe diem”, un concetto che mi è caro».
Per concludere, si può dire che la mostra di Palazzo Vecchio rappresenterà una buona sintesi del “mondo” di Giampaolo Talani?
«Direi di sì, ma voglio che anche il pubblico si senta protagonista, che l’esposizione sia un’occasione di incontro. Per questo ho pensato ad una serie di eventi collaterali come benvenuto alla mostra, nei quali avrà una parte anche la musica. Sa, tra le altre cose sono anche un jazzista fallito…».