La ricerca continua, l’amore anche
Erba d’Arno, 01-10-2007, Federica Depaolis
Architetto e saggista, studioso di storia dell’architettura e della città, esperto di iconologia e simbolismo, il fiorentino Renzo Manetti ha scritto davvero moltissimo, consegnandoci il frutto dei suoi studi in opere di grande successo come Le Madonne del Parto. Icone templari (2005) e Beatrice e Monnaslisa (2005). Uscito nel 2006 per l’editore Polistampa Il segreto di San Miniato è però il suo primo romanzo, il primo incontro con l’esigenza di fronteggiarsi con una cornice narrativa, di costruire e dipanare nel tempo una storia, di tratteggiare dei personaggi con caratteri distintivi. Il salto dal saggio al romanzo è in questo senso assai agile e l’autore non sembra incontrare alcun impaccio nella difficile opera di costruzione di una trama molto intensa cronologicamente spostata indietro fino al secolo XII. La basilica fiorentina di San Minato al Monte è un po’ il centro attorno al quale ruota tutto il romanzo; essa infatti è custode di un segreto al quale allude la misteriosa iscrizione che accoglie all’ingresso chiunque decida di visitarla: iscrizione ambigua, traditrice perché il senso letterale ne nasconde un altro in modo che possa essere notata da un occhio saggio e non sprovveduto. Focalizzando soltanto le parole finali di ogni riga della scritta si ottiene una frase nascosta, l’indicazione cioè che la basilica di San Miniato è destinata a custodire il Graal, come la conchiglia fa con la perla, uno scrigno prezioso capace di infrangere le barriere del tempo e della morte. L’iscrizione include anche un nome ebreo, Joseph, poco diffuso tra i cristiani. Ma, come ci avverte l’autore nella premessa, le sue ricerche lo hanno condotto a scoprire in un atto del 1218 un abate di San Miniato che portava proprio quell’inusuale nome. L’uomo della descrizione e l’abate della basilica potevano essere la stessa persona, un ebreo poteva in virtù di accadimenti particolari essere divenuto abate, unendo in sé sapienza cabbalistica ed ermetismo cristiano. L’autore accende la miccia della narrazione, la storia comincia. Siamo a Firenze, è l’anno 1162 secondo l’uso cristiano, Yosef è figlio di una famiglia di giudei, il padre Mordechai presta denari ad interesse e trascorre lunghe ore in una stanza segreta e sotterranea a cui ha unicamente Arduino, frate di San Miniato con cui ha in comune la ricerca della Pietra filosofale. Arduino avrà un ruolo fondamentale nella vit
a e nell’educazione di Yosef perché è lui che prende il piccolo sotto la propria tutela dopo il massacro della sua famiglia operato dal canonico di Santa Reparata, Drogo, personaggio demoniaco e infaticabile propugnatore del male posto in netta contrapposizione col protagonista e la sua cerchia di amici e alleati. Yosef viene condotto al monastero di San Miniato e successivamente a Chartres, per essere inserito nella scuola di Bernardo di Tours. Tra viaggi lunghissimi, scoperte, incontri, morti, separazioni, innamoramenti, la storia si snoda con ritmo e disinvoltura, facendoci partecipi della crescita di Yosef, della sua educazione sentimentale e della sua iniziazione alla vita in uno sfolgorante turbinio di personaggi e situazioni che sarebbe arduo tentare di riassumere. Le storie personali si intrecciano con i macroeventi della Storia, fatta di lotte tra popoli e divergenze di fedi religiose: il periodo in cui l’autore iscrive le vicende che racconta è in effetti uno dei più ricchi di accadimenti, con Federico Barbarossa che vuole imporre la sua egemonia sui comuni italiani, la riconquista di Gerusalemme caduta in mano musulmana, gli ordini cavallereschi che iniziavano a diffondersi, e con essi la ricerca di sapienze arcane simboleggiate dal Graal e da altri misteri. Ciò che lega e caratterizza le peripezie di Yosef è appunto la spinta della ricerca: la ricerca della Pietra filosofale, che racchiude la potenza creatrice, è lo specchio di un’indagine interiore, un processo lento e faticosissimo che porta a sanare la frattura corpo-spirito insita nell’uomo, ricostituendo un’unità che è la via per la perfezione dell’essere. Tutto il segreto della vita dunque – come il padre ricorda al piccolo Yosef – sta nel mistero del numero due, e la sfida risiede nel far tornare i due uno solo. La pietra filosofale per coloro che anelano alla pura conoscenza non è la sostanza capace di trasmutare in oro i metalli vili, anzi questa è la meno importante seppur la più popolare delle sue proprietà. Il talismano più prezioso è invece la “perla” generata dall’energia celeste, che possiede la capacità di attraversare il tempo e la morte e di rivelare l’assoluto, la sapienza divina, la verità arcana: quando la Pietra si svela a Yosef, egli cade in un vortice di visioni, un’esplosione che lo rende spettatore della creazione della materia, dello spazio e del tempo, in una
spirale inarrestabile che mulinando partorisce gli astri, la luce, i pianeti, le creature e la stirpe degli uomini e poi li distrugge lasciandoli inghiottire dalla tenebra assoluta «È la Pietra, Giuseppe, sei tu» - dirà Arduino, scomparso da tempo ma tornato infine a visitarlo, insieme alla visione dell’amatissima Miriam. La Pietra, la sua estenuante ricerca coincide perfettamente con il ritrovamento della propria essenza, con la sconfitta dei demoni che si agitano nell’interno, con la comprensione delle armonie musicali che da sempre accompagnano lo svolgersi della spirale della vita e con la sapienza che conduce a decifrare il cuore umano, il meccanismo terrestre, commuovendosi di fronte alla suprema architettura e all’intelligenza divina su cui si sostiene. Yosef ha impiegato tutti gli anni di una vita per raggiungere questo traguardo. Ma prima di consegnarsi all’ultimo viaggio ha voluto lasciare una traccia, una testimonianza di quanto gli è accaduto di conoscere: «la Pietra del Graal è dentro questa basilica, che un architetto di Francia, tanto tempo fa, ha reso degno di accoglierla. Ora è sotto gli occhi di tutti ma a tutti nascosta, tranne per coloro che sapranno rendere il loro spirito il loro spirito degno di riconoscerla». Non è cosa facile né immediata, perché la Pietra ha cambiato forma e colore vestendosi solo di purezza; la sua potenza pervade tutto il luogo ma come spesso accade con le rivelazioni, bisogna sapersi mettere in ascolto, bisogna preparare e poi concedere il nostro orecchio. Un esile tocco, una vibrazione sottile della potenza creatrice può giungere fino a noi, volando dentro i secoli per raggiungerci e scompligliarci i capelli mentre sostiamo e contempliamo la basilica di San Miniato, moderni viaggiatori ancora tenacemente in cerca di altrove. Allora, gli occhi incollati sulla splendida facciata, ci pervade il senso di quella vera e propria sinfonia musicale da cui architettura e decorazioni scaturiscono e riusciamo a sentire il loro peso simbolico e sacro, le mistiche armonie che sovrintendono la grandiosa creazione. Così, il nostro spirito si fa più malleabile, il nostro orecchio più attento e l’energia di cui il luogo è permeato si irradia e si espande includendoci incontenibile e perenne fluire. La ricerca continua, l’amore anche: i due adolescenti dell’epilogo del corposo romanzo, novelli e contemporanei Miriam e Yosef, stanno lì a dimostrarcelo.