Il sapore novecentesco di Vincenzo Cabianca
Italiasera, 25-01-2008, ––
Dopo gli studi accademici a Verona e Venezia, Vincenzo Cabianca (Verona 1827 – Roma 1902) si stabiliì a Firenze, dove operò dal 1853 al 1863 entrando in contatto con i macchiaioli; predilesse temi di marine e di luoghi assolati, nei quali seppe esprimere una vigorosa sensibilità cromatica, che andò poi, specie nella fase più matura della sua pittura, ad attenuare preferendo la soluzione tecnica dell’acquerello (in cui eccelse), che gli consentiva di rendere fluidi e morbidi gli effetti del chiaroscuro a lui più congeniali. A conclusione di una intensa vicenda creativa in cui egli ha seppe sapientemente inventare una pittura d’emozione elaborata dapprima al dato reale e “ronachistico, per poi evolversi, a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta, in una visione onirica e fantastica che trascende e trasfigura l’osservazione realistica, risolta sempre con uno stile estremamente innovativo ed originale. E’ dal 1927, giusto ottanta anni, che non viene dedicata una mostra personale a Vincenzo Cabianca, una lacuna che grazie alla Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto e all’Ente Cassa di Risparmio di Firenze viene finalmente colmata. Dopo l’esposizione ad Orvieto, nello splendido Palazzo Coelli, nella restaurata Villa Bardini di Firenze, si rievoca questo artista, da sempre considerato uno degli artefici della rivoluzione dei macchiaioli toscani, con un’ ampia retrospettiva di oltre ottanta opere. La mostra, a cura di Francesca Dini coadiuvata da un prestigioso comitato scientifico, ricostruisce il percorso formativo e pittorico di Cabianca, con ricchezza di dipinti anche inediti, a cui si aggiungeranno una ventina di opere di altri ar
tisti macchiaioli tra i quali Telemaco Signorini, Giovanni Fattori, Cristiano Banti, Nino Costa, offrendo cosi’ l’opportunità di conoscere l’esperienza di un singolo artista e le sue scelte estetiche attraverso la vicenda dei Macchiaioli come movimento artistico di gruppo. Si possono ammirare dipinti noti quali Novellieri fiorentini o inediti come Vendemmia in Toscana del 1854, opere degli anni delle audaci sperimentazioni della macchia che Cabianca condusse con Banti e Signorini in Liguria e nella campagna toscana di Montemurlo tra il 1859 e il 1862, sperimentazioni che culminarono nel celebre capolavoro Il mattino (più noto come Le Monachine) e nei Marmi a Carrara Marina non piu’ visto da quasi un secolo. Gli anni aurei della macchia, risultanza del momento centrale del sodalizio con gli amici macchiaioli nella campagna fiorentina di Piagentina e nei paesaggi marini di Castiglioncello e della Versilia, sono testimoniati da capolavori noti quali Spiaggia a Viareggio e Un bagno fra gli scogli. Lo splendido Ritorno dai campi del 1862, non piu’ esposto da decenni, e’ il dipinto attorno al quale ruoteranno scorci di campagna toscana, inediti o non piu’ visti da tempo. Cabianca, dopo il suo trasferimento a Roma avvenuto nel 1870, effettuerà diversi viaggi nella campagna romana, a Ischia, in Liguria, a Venezia e a Castiglioncello. E’ un continuo peregrinare alla ricerca degli effetti di luce che egli poi renderà con straordinario vigore nelle sue tele. E’ il momento di Strada a Palestrina, Nettuno, opere che si relazionano con i contemporanei dipinti di Signorini Strada ad Arcola e Costa. Gradatamente la sua ispirazione malinconica si arricchisce di motivi spir
itualistici, in consonanza con il clima generale degli ultimi due decenni del secolo: ne nasce uno splendido capolavoro quale Nevi romane. Gradatamente la sua ispirazione malinconica si arricchisce di motivi spiritualistici, in consonanza con il clima generale degli ultimi due decenni del secolo. Dietro suggerimento di Costa, Cabianca compie tra il 1981 e il 1982 viaggi in Inghilterra, dove approfondisce la conoscenza della letteratura romantica inglese e della pittura preraffaellita, attratto sempre più da una sorta di interiorizzazione del vero e da un approccio con la realtà mediato dal sentimento e da motivi spiritualistici. La mostra, accompagnata da un magnifico catalogo edito da Pagliai Polistampa, chiude con opere che rappresentano due temi fondamentali della produzione di Cabianca: la poesia dei chiostri e Venezia, opere che evidenziano l’approdare del percorso dell’artista verso espressioni pittoriche pienamente novecentesche. Come ci dice Francesca Dini, Cabianca “senza aderire alla pittura finita di Costa, tanto meno sollecitato da compiacimenti preraffaelliti, estranei alla sua natura,si lasciò attrarre dall’imput dannunziano che esaltava il piacere evocativo della pittura capace di andare al di là delle apparenze naturali e di manifestare quel mistero che dà alle immagini l’indefinito della vita spirituale. Questa visione era quanto mai affine all’indole di Vincenzo”. Non a caso, nel 1986 collabora all’illustrazione di Isotta Guttadauro, opera del poeta pescarese, che con la rarissima edizione esposta ed insieme ad altri importanti lavori, apre, nell’ultima sezione della mostra, uno spaccato sulla sua intensa opera di illustratore.