A Monsummano le cave diventano arte
La Nazione, 31-01-2008, Marco A. Innocenti
Villa Renatico Martini nel 1990 aveva ospitato la mostra «Luoghi scolpiti tra realtà e utopia. Una riflessione sulla produzione dello scultore Giò Pomodoro». L’occasione era servita anche a far maturare l’idea di un intervento di Pomodoro – scomparso nel 2002 a 72 anni – sulle cave di Monsummano, che si concretizzò soprattutto nel 1993/94, quando il celebre artista marchigiano di nascita e milanese d’adozione fu invitato a elaborare sulle cave di pietra abbandonate il suo luogo scolpito ideale. Nel dicembre 2006 al Museo di arte contemporanea e del Novecento sono state esposte le tavole dei progetto di Giò Pomodoro. Questa esperienza creativa, che offre infiniti spunti per applicazioni concrete sul territorio, è diventata un ottimo libro freschissimo di stampa e curato da Caterina Zappia (la quale firmò anche la mostra del ’90), dal titolo «Le cave di Monsummano. L&rs
quo;ultima utopia di Giò Pomodoro» (Edizioni Polistampa, 2008). Il volume propone una rassegna delle tavole autografe con le quali lo scultore-architetto dà una chiara idea della possibile trasformazione dell’ambiente, così degradato nel recente passato dall’attività di sfruttamento, in area per spettacoli e grandi iniziative, costellata da opere d’arte en plein air. «I percorsi – si legge nel capitoloUnprogetto per le cave – sono segnati da emergenze verticali, in armonico dialogo con la natura circostante e con gli elementi orizzontali del paesaggio. Quanto ai materiali, l’artista adopera, lasciandolo però il più possibile allo stato grezzo senza lisciature o lucidature, il marmo rosso e quello grigio provenienti dalle due cave, utilizzando i massi caduti, la parete e la platea di ciascuna cava, ma anche facendo temporaneamente riaprire il cantiere, per rendere più
armonici e sicuri gli squarci e servirsi così anche di materiali in tal modo ottenuti». La lettura del libro convince insomma una volta di più che l’ingegno umano, specie di menti alte come quella di Pomodoro, è in grado di piegare al bene e al bello anche gli aspetti meno esaltanti della realtà. Così, da spazi per decenni ritenuti elementi di disturbo del paesaggio, si possono ricavare ricchezze inimmaginabili per la comunità. Certo, i progetti esprimono solo potenzialità, ma è questa la preziosa eredità lasciata da Pomodoro a Monsummano. In una cava potrebbe così nascere un piano attrezzato per l’esposizione di sculture e costruzioni di sogno, con cui disseminare anche i percorsi d’accesso. Nell’altra cava un grande anfiteatro che sfrutti l’acustica della immensa parete. L’argomento meritava simile opera. Un plauso all’autrice e a Polistampa.